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Brand reputation e eventi offline

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vacanzeRecentemente mi è capitato di vedere un video che, pur non offrendo risultati rilevanti ad esso correlati nelle serp dei motri di ricerca, non può che far riflettere sulle ripercussioni che un evento, anche offline, può avere sulla reputazione di un’azienda che opera sul web.
E’ accaduto, suo malgrado, a Phone And Go, tour operator attivo online e tramite prenotazione telefonica, "protagonista involontario" di un servizio di Studio Aperto.

Se è vero che questo video non sembra costituire una particolare minaccia sui motori di ricerca (ma in molti lo avranno visto dal sito Mediaset senza interazione diretta con i motori), la visibilità offline che ha avuto è indiscutibile e, con tutta probabilità, avrà ripercussioni negative sugli accessi al sito Phone And Go e sulle vendite.
C’è da dire che, ancora un volta, la reputazione online in molti casi non subisce "un attacco", quanto piuttosto è l’azienda stessa che "offre degli spunti" alle critiche, magari con una policy dei prezzi non particolarmente trasparente, un servizio di assistenza non ottimale, una cattiva gestione delle criticità o magari rimuovendo le critiche degli utenti dal proprio blog aziendale.
Una vacanza un po’ sfortunata per un giornalista di Sudio Aperto? Chissà. 🙂

Questo episodio a mio avviso può essere emblematico del fatto che l’operatività dell’analista, professionista che in un’agenzia di search marketing dovrebbe occuparsi delle attività di reputation monitoring dei clienti (e perché no dei competitor) per poi valutarne i rischi, non può prescindere da quello che accade offline: può essere bravo quanto si vuole ad analizzare il traffico e interpretare i dati offerti dai software di web analysis come Google Analytics o ConversionLab, ma è indispensabile che abbia anche una visione a 360° sulla comunicazione che riguarda il cliente e il suo business model, dentro e fuori dal web.

Concludendo, qualcuno prima di me ha detto che un’azione di reputation management sul web si basa sul rapporto tra:

  1. visibilità sui motori di ricerca (ma a questo punto direi "visibilità sul web"),
  2. ricettività della fonte che ospita una determinata citazione online,
  3. il danno/beneficio che questa può apportare al brand citato.

In questo caso una valutazione dei tre fattori restituisce sicuramente una situazione di allarme.
"Bene o male, purché se ne parli!"… ma chi l’ha detta ‘sta panzana?!? 😀

2 commenti

Rispondi a Francesco Gavello Cancella risposta

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  • Argomento stuzzicante 🙂

    Il problema è che avere una reale visione a 360° è quasi impossibile anche per il professionista più quotato.

    E più che pianificazioni si fanno case study a ritroso, una volta che la frittata è già bella che fatta.

    E’ indicativo (come dici giustamente) del fatto che quando si mischiano più media non è semplice, talvolta neppure possibile, tracciare l’evoluzione della percezione di un brand.

    A rileggerci! 😉

  • Ciao Francesco, grazie per il tuo commento. 🙂

    Già un “ascolto attivo”, inteso come brand monitoring, sul solo web è schifosamente costoso: richiede spesso software dedicati e, soprattutto, l’interpretazione da parte di personale preparato e capace di individuare il rischio potenziale di una determinata citazione, anche in proiezione (post con numero di commenti in aumento, intervento di ghost writing di un competitor, riaffiorare della citazione nelle serp in occasione di particolari periodi/eventi, innesco di citazioni su altri siti/blog, etc.).

    Come giustamente dici te, un’attività di monitoraggio del brand a 360°, anche fuori dall’online, presupporrebbe un’attenzione nei confronti dei media straordinaria, soprattutto perché aumenta in maniera esponenziale l’esigenza di un controllo umano altamente specializzato, 24/7/365: priceless! 😀

    A questo punto qual è la strada migliore e più economica?
    Probabilmente cercare di educare: far capire al cliente che oggi una condotta non integerrima è maledettamente rischiosa e può portare a dei danni, letteralmente, incalcolabili; soprattutto in settori dove l’utente ripone elevate aspettative o per prodotti/servizi che lo espongono a sacrifici… vacanze, mutui, prestiti… e chi più ne ha più ne metta.

    Ormai i processi decisionali sul web, volenti o nolenti, sono cambiati: è bene che inizino ad esserne consapevoli anche i grandi brand. 🙂

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Alessio Sbrana

Da circa 20 anni mi occupo di strategie di web marketing: nel corso della mia carriera ho avuto l'opportunità di lavorare come freelance, imprenditore e responsabile dei team digital per varie agenzie di digital marketing.
Questi ruoli mi hanno dato modo di lavorare per siti aziendali, istituzionali, onlus, gruppi bancari, multinazionali, pmi, info-commerce e, soprattutto, siti di commercio elettronico.

Il miei "primi amori” sono stati la SEO e la SEM, ma la generazione di traffico, se pur "di qualità", non può bastare: negli anni ho approfondito le mie conoscenze in ambito digital con l’obiettivo di aumentare il profitto economico delle aziende attraverso il web, in modo particolare grazie alla conversion optimization (CRO) e alla marketing automation.

Quando non sono a correre in montagna mi occupo di formazione nel mondo digital.

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